CAPITOLO 9 – LA BUONA POLITICA: IL POTERE A SERVIZIO

“Voi sapete che i governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore“ (Mt 20,25-26)

Quando si parla di politica, la prima reazione di molta gente è di rifiuto a parlarne. “La politica è una cosa sporca, non mi voglio immischiare in queste faccende”, “I politici sono tutti uguali: ladri e delinquenti”, “Bisognerebbe metterli tutti in prigione o ucciderli!”, si sente spesso dire in un’escalation di insulti e maledizioni.  Purtroppo gli esempi di classe politica che abbiamo avuto in questi anni non si sono spesso rivelati all’altezza della situazione, e i numerosi casi di politici corrotti che di tanto in tanto vengono scoperti dalla Magistratura vanno ad alimentare questa immagine di politici faccendieri e briganti.

E poi le lotte interne ai partiti, le diverse fazioni che si combattono per avere poltrone di prestigio, i leader che vengono presto rimpiazzati non appena si appanna la loro immagine popolare. Una politica che si occupa sempre meno di risolvere i problemi dei cittadini ma che si divide in clan che fanno il tifo per un leader che abbia maggiori simpatie popolari da sfruttare alle prossime elezioni.

Io ho sempre pensato che la politica non sia una cosa sporca, semmai sono i politici che possono renderla sporca. Come diceva Papa Paolo VI, può essere “una delle forme più alte di carità”. Si assume il potere per mettersi a servizio del bene di tutti, prendendosi carico dei problemi della collettività e di quelli globali, senza pretendere un tornaconto e senza deliri di onnipotenza. Questa è la buona politica a servizio del bene comune. Si assume il potere con responsabilità, mettendosi a servizio di tutti.

Gli uomini e le donne che si dedicano alla politica dovrebbero essere le persone migliori che possano rappresentare la nazione: le più preparate ad affrontare problemi complessi che richiedono conoscenze approfondite, le più oneste per scacciare le innumerevoli tentazioni che la gestione di tanto denaro può comportare, le più orientate al bene comune di tutti e non solo di una parte dei cittadini, con una visione di lungo respiro verso il futuro.

A livello nazionale hanno invece preso il sopravvento politici che sono innanzitutto abili parlatori, buoni venditori di immagine secondo le più raffinate tecniche di marketing. Fanno promesse utilizzando semplici slogan ad effetto come negli spot pubblicitari, secondo una politica demagogica con obiettivi di corto respiro, senza visioni e progetti per il futuro a lungo termine.

In Italia il mondo politico è perennemente in campagna elettorale, attento non tanto ai fatti ma alle dichiarazioni pubbliche per strappare qualche consenso popolare in più agli avversari. Per attirare l’attenzione dei mass-media può diventare una gara a chi la spara più grossa, salvo poi fare rettifiche e precisazioni quando la sparata è sulle prime pagine di tutti i giornali. In questo contesto diventa difficile fare una buona politica a servizio del bene comune.

Nel mondo occidentale, e in particolare in Italia, un problema che ritengo sia sottovalutato dal mondo politico è la disoccupazione e il precariato giovanile, che da troppo tempo ha assunto le dimensioni di una tragedia generazionale. Tanti giovani che, terminati gli studi, faticano a trovare un lavoro e, quando lo trovano, si tratta di lavori precari, sottopagati e a tempo determinato. In questo modo abbiamo intere generazioni senza futuro, o che faticano a vedere una stabile prospettiva futura per poter progettare una famiglia e generare figli. In Italia sembrano abbondare i cosiddetti ‘lavori poveri’ in agricoltura, nell’industria manifatturiera o nella cura delle persone anziane, che vengono occupati da lavoratori immigrati più disponibili a ricoprire queste mansioni. I lavori più qualificati scarseggiano e molti giovani laureati sono costretti ad emigrare all’estero con una ‘fuga di cervelli’ preoccupante (si contano più di 100.000 giovani all’anno). La politica dovrebbe mettere al primo posto questo problema, innanzitutto investendo su istruzione, sviluppo e ricerca per modernizzare la nostra economia, come stanno già facendo gli altri Paesi europei e come hanno cominciato a fare anche le nazioni in forte crescita economica, come Cina e India. E poi creando incentivi economici per rapporti di lavoro più stabili e ammortizzatori sociali per i periodi di transizione tra un lavoro precario e l’altro (la cosiddetta ‘flex-security’).

Più in generale, il mondo del lavoro vede un progressivo assottigliarsi dei posti di lavoro perché il progresso tecnologico permette di far lavorare sempre più le macchine e i computer e sempre meno l’uomo. Per assicurare un lavoro dignitoso a tutti si dovrà prima o poi inventare qualcosa per ‘lavorare meno per lavorare tutti’ o per redistribuire la ricchezza verso i soggetti emarginati dal mondo del lavoro.

A livello internazionale viviamo in un periodo dove in Europa e in America stanno risorgendo gli spiriti nazionalistici con aspetti razzisti e xenofobi, capitanati da uomini autoritari ritenuti forti e autorevoli, a cominciare da Donald Trump negli Stati Uniti, Viktor Orban in Ungheria e Marie Le Pen in Francia. Gli Stati europei con i loro nazionalismi stanno mettendo in discussione il progetto di Unione Europea nato nel 1957 in Italia, che ha permesso un lungo periodo di pace dopo due sanguinose guerre mondiali ed una prosperità economica con la creazione di una moneta unica, l’Euro, che non ha precedenti nella storia. In un contesto economico sempre più globalizzato, dove sono sempre più protagoniste della scena mondiale grandi nazioni come Cina, Brasile, India e Russia, la politica ha bisogno di risposte sempre più globali che l’Europa può dare solo se è unita. Le singole nazioni europee non contano più nulla se non si uniscono tra loro. Per fare un esempio, se l’Italia uscisse dall’Euro per tornare alla Lira come moneta nazionale, la nostra valuta sarebbe molto più debole e ci troveremo tutti più poveri con una perdita stimata del nostro potere d’acquisto di almeno il 30%.

Anche l’America di Trump si sta chiudendo sempre più in se stessa. In un mondo di flussi migratori crescenti per guerre e condizioni di miseria in aumento gli Stati Uniti, Paese per eccellenza di migrazione, si chiude ergendo muri e divieti di ingresso selettivi su base etnica o religiosa. Mentre l’umanità ha bisogno di maggiore unione d’intenti tra le nazioni per affrontare grandi problemi globali come uno sviluppo sostenibile per evitare l‘esaurimento delle risorse naturali e le alterazioni del clima, regolare i flussi migratori e le sue cause, evitando i conflitti e le condizioni di miseria in cui vive gran parte dell’umanità.

In un mondo globalizzato per affrontare problemi globali occorre maggiore unione e unità d’intenti e uomini politici alla guida delle nazioni sempre più illuminati e di grandi prospettive. Purtroppo Donald Trump è l’esempio vivente della negazione di tutte queste aspettative.

In questo contesto l’ONU dovrebbe giocare un ruolo fondamentale per mediare tra i conflitti latenti o manifesti, dettare regole valide per tutti e far prevalere la pace e la giustizia in tutte le parti del mondo. Purtroppo oggi le Nazioni Unite non hanno ancora quell’autorità che sarebbe necessaria ed è ancora dominata dai Paesi vincitori della Seconda Guerra Mondiale. Penso che sia sempre più urgente una riforma dell’ONU perché serve un Governo mondiale riconosciuto da tutti che si ponga a guida di tutte le Nazioni. Le guerre in corso in varie parti del mondo e gli squilibri economici che generano ondate migratorie, i cambiamenti climatici, il terrorismo internazionale, nonché il risorgere di nazionalismi guerrafondai necessitano di un luogo di ricomposizione. Purtroppo i segnali oggi non vanno in questa direzione. Sembrano ancora dominare i grandi interessi economici a scapito del bene comune, i Paesi più ricchi sono interessati a diventare sempre più ricchi senza interesse verso i Paesi dove c’è fame e miseria, l’industria delle armi necessita di sempre nuovi teatri di scontro per svilupparsi, gli stessi cambiamenti climatici globali vengono messi in dubbio nonostante le evidenze scientifiche. Il quadro mondiale non promette bene, ma se crediamo che in fondo la Terra è di tutti e che siamo tutti fratelli e sorelle non possiamo smettere di interessarci, di batterci e di fare la nostra parte per una buona politica con l’obiettivo del bene comune.

CAPITOLO 9 – LA BUONA POLITICA: IL POTERE A SERVIZIOultima modifica: 2017-06-23T12:48:26+02:00da lucianorosso
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